lunedì 23 settembre 2013

23 settembre 1985, la fine di Giancarlo Siani, giornalista scomodo

foto dalla rete
Erano le 20.50 del 23 settembre 1985 quando due killer (Ciro Cappuccio e Armando del Core) freddarono il giovane giornalista Giancarlo Siani a pochi passi dalla sua casa, nel quartiere borghese del Vomero a Napoli.
Giancarlo aveva solo 26 anni e da anni, nella sua veste di giornalista del quotidiano Il Mattino, si occupava della cronaca ed in particolare della camorra e degli intrecci tra i clan mafiosi e la politica locale.

Lo faceva nel modo giusto. Raccontando la verità dopo lunghe inchieste e ore di lavoro sul campo. Lo faceva come giustamente un giovane del sud può vedere un fenomeno tanto ingiusto e pesante come è la camorra. Lo faceva con l'entusiasmo di chi pensa di avere una vita di fronte e con la giusta irriverenza verso i colleghi più anziani.

Il mandante dell'omicidio è ritenuto essere Valentino Gionta.

Ecco il sito dedicato alla vita (e alla morte) di Giancarlo

mercoledì 18 settembre 2013

18 settembre 1970, la fine di Jimi Hendrix

Quando la mattina del 18 settembre 1970, James Marshall Hendrix fu trovato morto in una stanza del Samarkand Hotel del ricco quartiere londinese di Kensington, aveva solo 28 anni.

foto dalla rete
La versione ufficiale, sebbene piena di lati oscuri, è quella fornita dalla sua fidanzata, ovvero quella di una morte dovuta al soffocamento da vomito dopo una notte di alcol, pastiglie e droga.

Nonostante la giovane età e la sua breve, ma intensa e innovatrice, carriera musicale (Jimi aveva inciso il suo primo disco solo 3 anni prima, nel 1967), la sua musica e il suono della sua Fender Stratocaster sono ancora oggi un mito che ha fatto crescere intere generazioni di giovani.

La morte di Jimi Hendrix, come quella di molti altri della sua generazione, ha paradossalmente creato un mito indelebile, musicale e personale, che forse se fossero rimasti in vita avrebbe assunto connotati diversi.

Ecco una sua biografia

Nello stesso giorno:
- 18 febbraio 1961 - La morte di Dan Hammarskjold

martedì 17 settembre 2013

17 settembre 1980, assassinato Anastasio Somoza

Il 17 settembre 1980, un commando di sette persone (4 uomini e tre donne) uccise ad Assuncion, in Paraguay, Anastasio Somoza Debayle, l'ultimo membro della dinastia dei Somoza, che dal 1936 al 1979 aveva guidato, con il pugno di ferro, il Nicaragua.


L'ultimo Somoza era stato costretto alla fuga il 17 luglio 1979 dalla rivoluzione sandinista e dopo aver tentato di fuggire negli Stati Uniti (l'allora presidente Carter gli negò l'esilio dopo che aveva tolto gli aiuti al regime), si era rivolto al dittatore e amico Alfredo Stroessner, che lo accolse volentieri in Paraguay.

Anastasio Somoza, già membro del governo a partire del 1956 (dopo l'assassinio del padre) aveva ufficialmente retto il paese da Presidente dal 1967 al 1972 e dal 1974 al 1979. Di fatto, in quanto capo della Guardia Nazionale, aveva comandato ininterrottamente dal 1967 (dopo la morte del fratello Luis).

Autore di una feroce repressione nei confronti dell'opposizione (tutte le forze politiche erano state dichiarate illegali), il giovane Somoza (era nato nel 1925), si distinse per il suo amore per la bella vita (e le belle donne) e per aver intascato quasi tutti gli aiuti umanitari che erano confluiti nel paese dopo il terremoto del 1972.

Il suo assassinio, che il commando guidato dal rivoluzionario argentino Enrique Gorriaran Merlo (Ramon), chiamò "Operazione Rettile", avvenne con un assalto militare in piena regola. Solo un membro del gruppo di fuoco, Hugo Irurzun (Comandante Santiago), fu catturato e giustiziato. Egli disse che "non era tollerabile lasciare che un miliardario playboy se la spassasse mentre milioni di persone morivano di fame in America Latina". Il patrimonio stimato della famiglia Somoza era all'epoca tra i 2 e i 4 miliardi di dollari di cui un miliardo quello personale di Anastasio. Il patrimonio era frutto gran parte della corruzione, del furto e della posizione economica di privilegio in Nicaragua.

lunedì 16 settembre 2013

16-18 settembre 1982, il massacro di Sabra e Shatila

Sabra e Shatila (scritto anche Chatila) sono stati due campi profughi palestinesi allestiti alla periferia di Beirut Ovest. Il 16 settembre 1982, nel pieno corso di quella che è stata la guerra civile libanese (1975-1990), alle ore 18.00 le milizie cristiano-maronite falangiste, guidate da Elie Hobeika, entrarono nei campi. Usciranno solo due giorni dopo, lasciando sul campo, a seconda delle fonti da 460 a 3500 morti, quasi tutti donne, bambini e anziani.


L'escalation politico-militare che portò alla strage, si consumò lentamente, con un'accelerazione a partire dal 14 settembre, quando Bashir Gemayel, neo-eletto presidente cristiano-maronita del Libano, fu ucciso in un attentato (operato dai servizi segreti siriani in collaborazione con le forze mussulmane libanesi). Il giorno dopo, le truppe Israeliane, contravvenendo agli accordi, entrarono a Beirut Ovest (Israele aveva invaso il Libano con l'operazione denominata "Pace in Galilea" e da giugno, assediava Beirut). La ritorsione delle falangi, alleate degli israeliani, fu appunto la strage nei campi profughi, i quali campi erano presidiati dalle truppe israeliane (guidate dal futuro premier il generale Ariel Sharon, allora Ministro della Difesa e dal 2006 in stato vegetativo) che osservarono in silenzio.

La violenza fu inaudita anche considerato che, a seguito di faticosi accordi, quasi tutti gli uomini palestinesi erano stati evacuati dai campi. Donne violentate, bambini decapitati e mutilati, corpi lacerati e squartati: una mattanza, uno sterminio senza precedenti fatta sotto gli occhi, complici, di un paese "democratico" come Israele.

Sulla responsabilità di Israele per questa strage, mi piace ricordare le parole che pronuncio il Presidente della Repubblica Italiana Sandro pertini, il 31 dicembre 1983, eccole: "Io sono stato nel Libano. Ho visto i cimiteri di Sabra e Chatila. È una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte le vittime di quell’orrendo massacro. Il responsabile dell’orrendo massacro è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto. È un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla società”.

Ecco il link ad un blog: Per non dimenticare Sabra e Chatila

Ecco il link (attraverso Globalist) dell'articolo di Robert Fisk, uno dei primi giornalisti ad entrare nel campo dopo la strage.

mercoledì 11 settembre 2013

11 settembre 1973, la fine di Salvador Allende

Dopo il 2001 l'11 settembre ha, nell'immaginario collettivo, un unico significato: le Torri Gemelle. Prima di allora, la stessa data, riferita al 1973, era ugualmente un simbolo, che ha avuto un enorme influenza nella storia del nostro mondo.

L'11 settembre 1973 infatti, l'esercito cileno, agli ordini del suo comandante, il generale Augusto Pinochet, assalto il palazzo presidenziale (Palacio de la Moneda) dove era rinchiuso il presidente socialista Salvador Allende,
Allende, che era stato eletto nel 1970, non era un uomo gradito in America Latina e soprattutto agli americani. Un socialista vicino casa, che stringeva allenza con l'odiato Fidel Castro, non solo non era ammissibile, ma andava eliminato quanto prima.

Quel giorno Pinochet usò tutti i mezzi possibili: il bombardamento aereo, l'assedio e la repressione di chiunque provava a difendere il governo eletto.
Dopo ore di assedio, Salvador Allende uscì morto. Sulla sua morte vi sono varie tesi, tra cui quella, forse più accreditata, di un suo suicidio (con la sua mitraglietta AK-47) preferito alla morte certa per mano dell'esercito.
immagine simbolo del golpe cileno, Allende con il suo mitra

Quel che accadde dopo appartiene alla triste storia dell'umanità. Oltre 130 mila arresti, migliaia e migliaia di "scomparsi" (desaparesidos), che solo molti anni dopo si è scoperto essere stati gettati vivi in mare da aerei militari e una fuga di intellettuali dal Cile che creò una vera e propria diaspora.
Si stima che siano stati 30 mila i morti della dittatura e 600 mila le persone torturate.
Il colpo di stato in Cile ebbe un'enorme influenza nel mondo. Da un lato gli americani (è appurata la partecipazione diretta della CIA al golpe) comunicarono al mondo che non avrebbero più tollerato governi socialisti (la via democratica del socialismo) vicino casa o nella loro sfera d'influenza (da allora i militari presero potere in tutta l'America Latina), dall'altra il blocco sovietico che inasprì la già grande tensione della Guerra Fredda. Nel mezzo la sinistra, soprattutto quella europea, che appoggiò in tutti i modi le lotte in America Latina e altrove nel mondo.

Gli storici concordano che il golpe cileno sia stato uno dei punti di frattura nel sistema mondo.

La questione degli anni della dittatura in Cile è ancora una ferita aperta. Vi linko la pagina di Amnesty International che da sempre si batte per appurarare la verità

martedì 10 settembre 2013

10 settembre 1898, assassinata Elisabetta di Baviera

Mancava poco all'una quel 10 settembre 1898, quando a Ginevra, vicino all'imbarco per il traghetto, l'anarchico italiano Luigi Lucheni, pugnalò una donna vestita di nero. La donna era la Regina d'Austria e Ungheria, Elisabetta di Baviera, da tutti conosciuta come Sissi. 
Elisabetta morì poco dopo per emorragia interna (il pugnale, forse una lima, aveva trafitto il ventricolo), Lucheni, dopo esser stato condannato all'ergastolo, morì, forse suicida nel 1910 in carcere.
Il suo gesto fu dettato dalla follia. Aveva colpito un ricco, simbolo del potere.

foto da Wikipedia

Sissi aveva avuto una vita difficile. Alternava momenti di salute a momenti di malattia, in cui concause psicologiche prendevano il sopravvento. Aveva inaspettatamente sposato nel 1854 il re Francesco Giuseppe d'Austria (a sposarlo doveva esser la sorella maggiore). A corte fu mal accolta, per la sua scarsa formazione scolastica e per la sua poca propensione alla vita sociale. Fu ostacolata dalla suocera, l'arciduchessa Sofia, che tentò di tenerla distante dai figli e dal marito. Nel 1857 la prima volta che Elisabetta si impose portando con se in un viaggio la figlia primogenita Sofia, nata nel 1955, (l'altra era Giselle), contro il parere della nonna, la bambina morì per un'infezione polmonare.
L'anno dopo nacque l'erede al trono Rodolfo e poco dopo l'ultima figlia, Maria Valeria.
I rapporti con il marito peggiorarono sempre più, tanto che i due facevano vita separata.
Nel 1889 il figlio Rodolfo si suicidò assieme all'amante e la cosa mise fine al sorriso della regina, che fino alla sua morte, portò il lutto vestendosi di nero.

La storia della principessa Sissi assunse, dopo la sua morte e particolare intorno agli anni '50, gli aloni di una fiaba. Grazie ad alcuni film In tutto saranno quasi una trentina), in cui nei primi tre, Romy Schneider interpretava la regina, la sua fama raggiunse i livelli attuali quasi di culto.


Nello stesso giorno accadde anche:
- 10 settembre 1960 - Il giorno di Abebe Bikila

lunedì 9 settembre 2013

9 settembre 2001, l'assassinio di Ahmed Massoud, il "Leone del Panjshir"

Ahmed Massoud è stato un combattente afgano. Un uomo integro, amante della poesia e degli scacchi, che fu rispettato da tutti, anche dagli avversari. Combattè contro il regime imposto dai sovietici nel suo paese, dopo l'invasione del 1979 e successivamente, da mussulmano praticante, contro gli integralismi islamici, in particolare contro i Talebani.
Massoud, che era nato nel 1953, si era formato nelle scuole francesi afgane e nelle scuole mussulmane, studiando architettura al Politecnico di Kabul. Il suo sogno era un Afghanistan libero, indipendente e democratico.
I suoi guerriglieri (mujaheddin) diedero il filo da torcere ai sovietici che più volte tentarono di conquistare la roccaforte di Massoud nel Panjshir. Egli contribuì alla cacciata dei russi, divenendo per un breve periodo anche Ministro della Difesa (1992), ma dovette fare i conti con la grande litigiosità e animosità delle etnie afgane e con il crescente integralismo islamico (in particolare quelle guidate da Gulbuddin Hekmatyar, legato ai Pakistani e ancora oggi attivo).

Massoud fu ucciso il 9 settembre 2001, da due finti giornalisti marocchini (in realtà tunisini) che avevano una bomba nella telecamera. Si è sempre parlato di uomini al soldo della rete di Bin-Laden. E' sorprendente il fatto che la sua morte avvenne a due giorni dall'attentato alle Torri Gemelle (11 settembre) che porterà all'invasione americana dell'Afghanistan. Le relazioni tra questi due episodi sono sempre state rilegateai margini della storia.

In una delle sue ultime interviste ebbe a dire:
"I governi europei non capiscono che io non combatto solo per il mio Panshir, ma per bloccare l'espansione dell'integralismo islamico scatenato a Teheran da Khomeini. Ve ne accorgerete!"
Oggi, tardivamente, il mondo ha capito il suo messaggio.

Come scrive Michael Barry, Massoud era l'unico leader che aveva un disegno, un sogno per l'Afghanistan e che sarebbe stato importante (e per questo scomodo) dopo la cacciata dei Talebani.
 
Se volete approfondire la figura (purtroppo poco conosciuta) di Massoud, vi consiglio di partire dalla bella (ed emozionante) biografia di Michael Barry, Ponte delle Grazie, 2011 (ecco il link)


giovedì 5 settembre 2013

5-6 setttembre 1972, alle Olimpiadi di Monaco

All'alba del 5 settembre 1972, durante i XX Giochi Olimpici a Monaco, un commando di 8 terroristi dell'organizzazione palestinese Settembre Nero, entra nel Villaggio Olimpico e prende in ostaggio 9 membri della delegazione israeliana (2 pesisti, 1 lottatori, 4 allenati e 2 giudici). Altri due atleti furono uccisi durante il seguestro.

foto dalla rete

Seguiranno lunghe ore di trattative (i terroristi chiedevano originariamente la liberazione di oltre 200 detenuti palestinesi) che porteranno alla sera al trasferimento, con due elicotteri, dei terroristi e gli ostaggi, all'aeroporto di Fustenfedbruck, dove avrebbero trovato un Boeing per il Cairo. Si trattava di una trappola (l'Egitto, tra l'altro, aveva negato l'autorizzazione).

Giunti in aeroporto vi fu l'assato dei corpi speciali tedeschi. Un massacro. Tutti gli ostaggi, cinque terroristi e un poliziotto morirono.
I tre terroristi superstiti,  furono incarcerati, ma liberati poco dopo in uno scambio in occasione di un dirottamento di un aereo della Lufthansa.

Alle 1.30 del 6 settembre tutto era finito.

Le Olimpiadi non vennero interrotte (nonostante molte proteste e richieste). Il governo israeliano poco dopo varò un piano non convenzionale (Operazione collera di Dio) per colpire (eliminare) i mandanti e i collaboratori del massacro, ben documentato dal film di Steven Spielberg Munich.






mercoledì 4 settembre 2013

4 settembre 1886, la resa di Geronimo

Il capo apache Goyaalè (conosciuto da tutti come Geronimo) aveva 57 anni quando, il 4 settembre 1886, dopo oltre 25 anni di lotte, si arrese a Skeleton Canyon alle truppe americane del generale Nelson Miles.


Finiva in questo modo inglorioso la storia (e l'epopea della lotta) del popolo Apache (le guerre tra "nativi americani" e coloni finiro nel 1890 con la morte del capo Sioux Toro Seduto). Geronimo fu imprigionato, e fino alla fine dei suoi giorni, ad 80 anni, fu prigioniero di guerra (morì infatti a Fort Sill in Oklaoma). Non gli fu mai concesso di ritornare nella sua terra nativa.

La lotta di Geronimo fu su due fronti: la una parte le truppe americane e dall'altra quelle messicane. I soldati messicani nel 1858 avevano completamente sterminato la sua famiglia (la madre, la mogli e tre figli).

Quando morì le sue ultime parole furono " non dovevo arrendermi, dovevo combattere fino alla morte dell'ultimo uomo".

Dopo la sua morte, il suo nome è stato usato ad ogni sproposito, e forse in modo irriverente, come quando è associato all'esercito americano.

La storia di quello che è stato il primo genocidio della storia contemporanea (e forse anche il più grande e contemporanemente il meno ricordato) si concludeva. Secondo alcune stime oltre 70 milioni di nativi americani (nord e sud America) furono uccisi, decimando la popolazione del 90%.

Vi segnalo questo blog in italiano (nativiamericani.it) come punto di partenza per eventuali approfondimenti.

martedì 3 settembre 2013

3 settembre 2004, l'epilogo della Strage di Beslan

Tutto era iniziato il 1 settembre 2004, alle 9.30, quando un gruppo di 32 terroristi sequestrò oltre 1200 persone nella scuola numero 1 di Beslan, una piccola cittadina (poco più di 30 mila anime) dell'Ossezia del Nord, repubblica russa confinante con la Cecenia. Il 1 settembre era il primo giorno di scuola e all'interno, oltre a 900 alunni e 60 insegnanti, c'erano molti genitori e parenti accorsi ad accompagnare i bambini al primo giorno di scuola.
I terroristi (alcuni, ma non tutti, ceceni) nei giorni del sequestro chiedevano ufficialmente il ritiro della Russia dalla Cecenia.


Il 3 settembre, alle 13, le forze speciali russe decisero di fare irruzione (Putin ha sempre sostenuto che con il terrorismo non si tratta). Le testimonianze sono discordi. Gli ostaggi erano ammassati in una palestra e si udirono alcune esplosioni (esplosioni accidentali? detonazione voluta?). 
Fu una strage: 386 morti (tra cui 31 dei terroristi e 186 bambini), oltre 700 feriti.
Secondo alcuni le teste di cuoio usarono i lanciafiamme (cosa proibita non solo dalle convenzioni, ma anche dalla logica) provocando morti e feriti. L'ingaggio con i terroristi durò per ore, alcuni sostengono che due dei terroristi furono ammazzati dalla folla dei genitori. 
Solo un terrorista, un ventiquattrenne nato in Cecenia, rimase vivo.

Ancora oggi le ricostruzioni dei fatti sono molto discordi. Versioni ufficili cozzano con alcune testimonianze dei superstiti. Perfino l'esatta composizione del gruppo dei terroristi è incerta (meglio, segretata).

Le immagini dei bambini, molti nudi o seminudi, alcuni imbrattati di sangue, che fuggivano dalla scuola in fiamme girarno il mondo.

Ecco il link ad un'inchiesta fatta dalla giornalista Stella Pende ad un mese dalla strage

domenica 1 settembre 2013

1 settembre 1985, ritrovato il Titanic

Il 1 settembre 1985, una spedizione franco-americana guidata da Jean-Luis Michel e Robert Ballard, localizza a distanza di 73 anni i resti del Titanic. Il ritrovamento (a 22 chilometri di distanza da dove si supponeva fosse affondato il transatlantico) a circa 650 chilometri dalla più vicina terra emersa (l'isola di Terranova) stabilì che la nave è adagiata a 3787 metri di profondità ed è spezzata in due tronconi (allora, non vi era certezza di questo fatto).

La prua del Titanic, foto dalla rete
Dal ritrovamento del relitto, l'affondamento del Titanic, avvenuto la notte tra il 14 e 15 aprile del 1912 (e che costò la vita ad almeno 1517 - 706 furono i sopravvissuti, l'ultimo dei quali è morta nel 2009 - al momento del disastro aveva poco più di due mesi) assunse ancora di più un alone di mito, leggenda e mistero. Così come iniziò la speculazione.

Nonostante il disastro del Titanic non sia il più grave (in termini di vittime) registrato nella storia (generalmente si ritiene che l'affondamento, ad opera di un sommergibile russo, della Wiulhelm Gustloff il 30 gennaio 1945, che causò la morte di almeno 6050 persone, sia il più grave) è senz'altro il più conosciuto, documentato e raccontato.

Ecco uno dei siti, in italiano, dove ripercorrere la storia del Titanic.
E questo è un'altro, dello scrittore Claudio Bossi

Il 1 settembre avvenne anche:

- 1 settembre 1969, Gheddafi prende il potere in Libia (su Sancara)