giovedì 5 febbraio 2015

5 febbraio 1994: la strage del mercato di Sarajevo

Negli anni '90 si consumò alle porte di casa nostra, nell'Ex-Jugoslavia, una atroce guerra che dal 1992 al 1995 infiammò un'area vasta e geopoliticamente strategica per il Mediterraneo.
All'interno degli orrori di quella guerra, assistemmo, inermi, all'assedio della città di Sarajevo. Sarajevo - capitale delle Bosnia Erzegovina - era stata per secoli un luogo di inter-cultura religiosa, dove fianco a fianco vivevano luoghi di culto mussulmani, cristiani ed ebraici. Era forse la città orientale più vicina al centro dell'Europa.
Era stata la città di grandi avvenimenti, dall'attentato all'arciduca austriaco nel 1914, che scatenò la Prima Guerra Mondiale e delle Olimpiadi Invernali del 1984.
L'assedio, iniziato il 5 aprile 1992, fu seguito giorno per giorno dai media mondiali. Il resoconto dei cecchini che impedivano agli abitanti di spostarsi in città e le continue violenze divenne patrimonio comune di molti di noi. Le immagini delle persone che rischiavano la vita solo per attraversare la strada, riempivano i resoconti dei giornalisti di quel tempo.
Il 5 febbraio 1994, però, le immagini rimandarono una delle più sanguinose pagine di quel conflitto. Poco dopo le 12, nell'affollato mercato di Markale, nel pieno centro cittadino, un proiettile di mortaio, sparato dalle colline circostanti dall'artiglieria serba guidata da Ratko Mladic, colpì la folla.
Il bilancio finale fu drammatico: 68 morti e oltre 140 feriti.

Le televisioni del mondo intero decisero di mandare in onda le immagini dei corpi dilaniati. Uno spettacolo che sconvolse il cuore di chi le osservò. Corpi fatti a pezzi, sangue ovunque, urla strazianti e il continuo correre dei soccorsi che facevano spola tra la piazza e l'ospedale di Kosevo.

Fu una delle stragi più sanguinose del conflitto.

I serbi accusato i bosniaci mussulmani di essere gli autori della strage, ovvero di ucciso la loro gente. Il criminale di guerra Karadzic arrivò ad ipotizzare che i morti al mercato, quelli visti da tutte le televisioni del mondo, erano dei manichini.

Ecco una testimonianza di Adriano Sofri di quel giorno, che ci racconta la Sarajevo che era.