lunedì 17 febbraio 2014

17 febbraio 1992: l'alba di Tangentopoli

Quando il 17 febbraio 1992 il magistrato Antonio Di Pietro, organizzò i suoi uomini per arrestare in flagranza di reato Mario Chiesa, forse non immaginava neppure che avrebbe, in questo modo, aperto un filone d'inchiesta destinato a cambiare l'Italia.


Mario Chiesa, ingegnere, esponente del Partito Socialista non di primissimo piano, dopo essere stato Assessore nel Comune di Milano (Lavori Pubblici prima e Edilizia Scolastica dopo) dal febbraio 1986 guidava la Casa di Riposo "Pio Albergo Trivulzio". Quel giorno ricevette dalle mani di un giovane imprenditore, Luca Magni, una tangente di 7 milioni di lire (la metà di quanto pattuito, ovvero il 10%) per favorire la vincita dell'appalto per le pulizie della casa di riposo.

L'indagine nasceva da motivi molto banali. La moglie, che era stata prestanome dei conti all'estero, contestando gli scarsi alimenti che il marito le passava a seguito della separazione, parlò dei soldi all'estero.

Arrestato, gli furono trovati oltre 12 miliardi su conti in Svizzera. Chiesa venne subito scaricato dai vertici del partito. Lo stesso Bettino Craxi, lo definì un "mariulo isolato". Chiesa allora decise di parlare e fu un fiume in piena. La storia di Tangentopoli ebbe inizio.

Chiesa dopo essere stato condannato a 5 anni di reclusione (di cui passati in carcere solo alcuni mesi e altri in affido ai servizi sociali) sembrò sparire, salvo poi riapparire nel 2012 quando fu nuovamente arrestato per le tangenti nella Regione Lombardia sui rifiuti. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.
Del resto Chiesa aveva raccontato di aver intascato la prima bustarella nel 1974 (quando era un dirigente tecnico dell'Ospedale Sacco di Milano). Da allora aveva scalato i vertici del Partito Socialista milanese.

Ecco un post dal Blog Candido

venerdì 14 febbraio 2014

14 febbraio 2004, se ne va Marco Pantani

Il Pirata, così era soprannominato il ciclista Marco Pantani, venne trovato morto in una stanza del Residence "Le Rose" di Rimini il 14 febbraio 2014.  Overdose di farmaci e cocaina. Aveva da poco compiuto 34 anni e per tutti era un ciclista amato, un mito,  che aveva fatto soffrire, gridare e gioire gli italiani di ogni età.


La storia di Marco Pantani non è ancora stata scritta in modo definitivo. E' una storia di sport, di grandi emozioni, di ombre (molte), di solitudine e di ingiustizie.

Marco, non vi è dubbio, è stato un campione. Un ciclista che aveva fatto della capacità di pedalare in montagna un'arte. Le sue gambe mulinavano velocemente, quando si alzava sui pedali, spingendo rapporti impossibili per molti.

Certo bisogna essere onesti, oltre la passione ed il tifo. Il ciclismo era (e forse lo è ancora) uno sport sporco. Non vi era giorno che qualcuno non venisse fermato per doping. Capitò allo stesso Pantani nel 1999.

La sensazione di molti è che tutti, senza esclusione, usassero sostanze dopanti per stare al passo con gli altri. Ciclisti che correvano in salite a medie esagerate, ragazzi svegliati di notte per pedalare (per evitare che l'ematocrito fosse troppo alto), medici sportivi che venivano presi con ogni tipo di farmaci, denunce e sospetti.

La carriera sportiva di Marco Pantani finì nel 1999 a Madonna di Campiglio, quando fu fermato a causa di un ematocrito (che indicava l'uso dell'ormone sintetico eritropoietina, più conosciuto come Epo) troppo alto. Era l'anno successivo della vittoria del Giro e del Tour (gli unici da lui vinti). Nonostante provò a ripartire, non fu mai capace di ripetere le sue imprese.

Si era rotto un magnifico giocattolo, forse assistito dalla chimica. Marco pagò però più di altri le sue scelte (ammesso che fossero sue). La depressione, l'alcol, i farmaci, la droga e infine la morte. 

Contrariamente ad altri in cui l'ombra (o la certezza del doping) avevano minato la loro credibilità, il mito di Pantani ha superato tutto, l'inganno e infine la morte.



martedì 4 febbraio 2014

4 febbraio 2004: è lanciato Facebook

Era il 4 febbraio 2004, quando due studenti di Harvard, l'americano Mark Zuckerberg e il brasiliano Eduardo Saverin (che non molto tempo dopo ruppe con l'amico Mark), lanciarono la piattaforma Facebook, destinata a sconvolgere il mondo.

E' innegabile che quello che oggi è il Social Network più diffuso al mondo abbia rivoluzionato il modo di comunicare e di connettersi agli altri. L'idea è stata senz'altro geniale. Non vi è ombra di dubbio.

Quando nell'ottobre 2003 i due iniziarono a pensare a Facebook, era un modo mettere in relazioni gli studenti dell'Università di Harvard, attraverso uno strumento semplice e innovativo, che prendeva spunto dagli annuari ove, con foto (da cui appunto "faccialibro") erano contenute le foto e le informazioni sui tutti gli studenti passati per l'Università. Il tentativo - riuscitissimo - era quello di "farli mettere in contatto anche a distanza di tempo".

Il passo fu breve. Altre Università, poi altre scuole e infine.... il mondo.

In Italia Facebook, prese piede a partire dall'estate 2008. Tutti cominciarono cercando ex-compagni di classe, amici di un tempo, amori perduti e compagni di viaggio. Molti di noi hanno sperimentato il piacere (perchè è indubbio che a volte lo è) di rivivere un passato, magari remoto, con persone che si erano perse completamente.

Oggi "faccialibro", oltre ad aver arricchito il suo fondatore (a dispetto della gratuità dell'accesso, il marketing e l'uso della pubblicità è sapientemente gestito), è il Social network più utilizzato con centinaia di milioni di utenti nel mondo.

lunedì 3 febbraio 2014

3 febbraio 1960: muore Fred Buscaglione

E' l'alba. Un auto, una Ford Thunderbird color lilla, si scontra con un furgoncino all'incrocio tra Via Paisiello e Viale Rossini al quartiere Parioli di Roma. Perde così la vita, il 3 febbraio 1960 alle 6.20, Ferdinando Buscaglione, per tutti semplicemente Fred.


Il cantautore e attore, il duro dello swing, icona dell'Italia del dopoguerra e della ripresa economica, morì a soli 38 anni, nel pieno della sua carriera, quando per molti era un idolo. Quella sera rientrava da un night in Via Margutta. Le sue canzoni erano ascoltate ovunque: alla radio, alla televisione e nei juke-box.


Fred era un artista completo. Oltre a possedere una voce straordinaria, che utilizzava con ironia, era in grado di suonare diversi strumenti tra cui il piano, il contrabbasso, la tromba e il violino.

La sua fama, che dopo la sua morte diventerà un mito, era dovuta all'uso di quella musica "d'oltre oceano" che affascinava in quegli anni. Una musica che accompagnava parole di canzoni popolate da duri, da pugni e whisky facili, da pistole e sigarette fumanti e da bellissime, e pericolose, donne. Che bambole!

Ecco una completa biografia di Fred Buscaglione