venerdì 11 aprile 2014

11 aprile 1987, muore Primo Levi

"Devo dire che l'esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spazzare qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. C'è Auschwitz, dunque non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo."

L'11 aprile del 1987 Primo Levi fu trovato morto in casa per una caduta dalle scale. Ancora oggi non si può affermare con certezza se sia stato un suicidio o una caduta accidentale.

Finiva così, a quasi 68 anni, la vita dello scrittore.


Primo Levi, ebreo, era nato a Torino nel 1919, dove nel 1941 (con già in vigore le leggi razziali) si laureò con lode in chimica. Trasferitosi a Milano (lavorava come chimico) entrò in contatto con gli ambienti della resistenza, aderendo al Partito d'Azione. Con l'8 settembre 1943, si trasferì tra i monti con i partigiani e il 13 dicembre 1943 fu arrestato.

Deportato ad Auschwitz insieme ad altri 650 ebrei italiani il 22 febbraio 1944, vi rimase fino alla liberazione da parte dell'Armata Rossa avvenuta il 27 gennaio 1945. Dei 650 ebrei italiani, fu uno dei 20 sopravvissuti. Come ebbe a raccontare la sua fortuna fu conoscere un po' il tedesco, le sue conoscenze di chimica e qualche aiuto all'interno del campo.

Nel 1947 pubblicò la sua prima opera (e quella sicuramente più famosa) "Se questo è un uomo", in cui narrava la drammatica esperienza del campo di concentramento. Rifiutata dai grandi editori, fu pubblicata da De Silva (una piccola casa editrice). Nonostante una critica positiva, l'opera non fu un successo. Levi, che si era ristabilito a Torino, ritornò a fare il chimico, divenendo direttore di una fabbrica di vernici. Solo nel 1958, Einaudi ripubblico la sua opera facendola diventare un "classico" mondiale.
Risale invece al 1963 l'opera "La tregua", in cui narra il difficile viaggio di ritorno verso casa, dopo la liberazione, attraverso un'Europa devastata dalla guerra e dall'odio.

Ecco il sito del Centro Internazionale di Studi su Primo Levi


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