Era il 3 ottobre del 2013 quando, non molto lontano da Lampedusa, un peschereccio di una ventina di metri salpato dal porto libico di Misurata e con a bordo, stipati come sardine, migrati tutti provenienti dall'Eritrea, fatta eccezione per 6 etiopi, naufragò.
Disperati, che avevano percorso a piedi o con mezzi di fortuna, quasi tutta l'Africa, in condizioni inumane. Avevano sopportato ogni genere di sopruso ed erano, dopo 2 giorni di navigazione, solo a mezzo miglio da quello che per lo rappresentava un sogno: l'Europa.
Non l'Italia, sia chiaro. Quasi tutti avrebbero tentato di andare ancora più a nord.
Quando i motori si bloccarono, alle 6 e 40 del mattino, non molto distante dalla costa, per attirare l'attenzione delle navi di passaggio l'assistente del capitano accende uno straccio che produsse molto fumo. Si scatenò il panico, molti si spostarono su di un lato dell'imbarcazione e la barca si rovesciò. Rullò tre volte su se stessa e colò a picco. L'imbarcazione si depositò a 46 metri di profondità.
Ufficialmente muoiono quel giorno 368 persone affogate, altre 20 risultano disperse e 155 vengono tratte in salvo quasi esclusivamente da pescherecci e barche private. La guardia costiera, nonostante la vicinanza, giunge ben un'ora dopo il naufragio.
Tra i morti anche 89 donne e 9 bambini.
Ve lo ripropongo, perché a pensarci bene, nulla, purtroppo è cambiato.
L'ennesima strage di disperati. Oggi a Lampedusa, ieri a Scicli e prima ancora nel Canale di Otranto. Disperati, perchè chiamarli immigrati significa dare loro una dignità, che non hanno. La dignità di chi, come fu per noi italiani, pensa di migliorare la propria vita (molti ci riuscirono) lavorando, magari duramente, ove il lavoro non è un miraggio.
Queste persone no. Molte fuggono dalla guerra, dalla miseria, dalla violenza ben sapendo che dove andranno non vi sarà il paradiso, bensì lo sfruttamento, una miseria diversa e spesso anche la morte. Nonostante tutto mettersi nelle mani di banditi, di criminali senza scrupoli spesso protetti, affrontare un viaggio disumano, essere detenuti in quelli che chiamiamo ironicamente "centri di accoglienza" e finire per essere clandestini è ancora meglio che restare.
|
foto dalla rete |
Non vi è giustificazione alcuna per stare a guardare. Quei morti devono urlare, devono destare le coscienze assopite di troppi di noi, distratti dalle beghe giudiziarie di un politico miliardario, dalle liti per accaparrarsi un posto in Parlamento, dall'ultimo infortunio di un calciatore strapagato o dalle bizzarrie di una show-girl capricciosa.
Le responsabilità di questi morti è tutta nostra.
Nostre sono state le politiche coloniali in questi paesi, che li hanno depredati. Nostri sono stati gli appoggi a dittatori e criminali di ogni sorte, che oltre ad arricchire se stessi, hanno sempre fatto i nostri interessi. Nostre sono state le politiche economiche e monetarie che hanno fatto crescere il debito pubblico oltre ogni controllo. Nostre sono le complicità nell'assassinare le poche menti illuminate che potevano cambiare, veramente, le sorti di quei paesi. Nostri sono i capitali delle multinazionali che sfruttano il sottosuolo, le risorse e gli uomini in quei paesi. Nostre sono le armi che che tengono in piedi sanguinosi conflitti. Nostre sono state le politiche delle sviluppo, che hanno prodotto di tutto fuorchè un miglioramento della vita reale della gente. Nostra è quella Comunità Internazionale, incapace di prevenire o gestire le crisi che continuamente si ripetono. Nostri sono i soldi sporchi del sangue di donne, uomini e bambini versato per soddisfare i nostri capricci. Nostri sono gli uomini che comprano minuti di piacere da giovani prostitute sfruttate dal racket della tratta di essere umani. Nostre sono le politiche sull'immigrazione fatte con i piedi e non con la testa. Nostre sono le responsabilità quando non ci indignamo con forza a fronte di dichiarazioni razziste e xenofobe.
Queste morti, ha ragione Papa Francesco, sono una vergogna. Una vergogna per tutti noi, sono un pugno allo stomaco, sono il frutto della nostra inazione, del nostro torpore.
Abbiamo permesso per troppi anni che le politiche sull'immigrazione fossero centrate solo sul contenimento. Come se fosse possibile fermare l'acqua con un sacchetto di sabbia. Abbiamo ignorato che la Somalia è da 20 anni senza un governo, che in Etiopia ed Eritrea si muore di fame, che nella Repubblica Democratica del Congo vengono stuprate migliaia di donne al giorno, che in Nigeria a causa del "nostro" petrolio abbiamo distrutto un ecosistema unico al mondo, che in Siria prima ancora che per il gas, la gente moriva per una guerra sanguinosa, che in Libia dopo le bombe serviva dell'altro o che il Sahel non ha più acqua.
,Provate a chiudere gli occhi. Immaginatevi si essere da giorni in un barcone affollato, come quello della foto, dove perfino respirare è difficile. Immaginate di essere quasi a terra e che qualcuno vi spinga in acqua. Voi non sapete nuotare. Eppure vi spingono, perchè la vostra vita valeva qualcosa solo prima del viaggio.
Questo accade, ogni giorno. Questo accadeva agli schiavi secoli fa, durante la tratta, in più vi erano solo le catene.
Ora immaginate che sulla barca vi siano i vostri figli, i vostri mariti, le vostre mogli e che il colore della pelle non sia nera, ma bianca. Cambierebbe qualcosa?