Le Olimpiadi sono sempre state una vetrina eccezionale. Nel passato come oggi, il mondo intero si affaccia alla manifestazione sportiva più bella e ambita del nostro pianeta, ed ogni cosa viene enormemente amplificata. Ne erano consapevoli anche le migliaia di studenti messicani (15 mila, secondo varie fonti) il 2 ottobre del 1968, che a soli 10 giorni dall'inizio delle Olimpiadi di Città del Messico, misero in scena una manifestazione a Città del Messico. La protesta, in appoggio a quello che succedeva in tutto il mondo nel 1968, era stata indetta alla fine di 9 settimane di sciopero e dopo che il governo messicano aveva occupato, con l'esercito, il campus universitario UNAM.

Il numero esatto dei morti (portati via in camion della spazzatura) non è mai stato chiaro: 200-300 secondo i manifestanti, 40-50 secondo le autorità. Oltre 700 i feriti. L'unico dato certo che furono arrestate 1342 persone quella notte.
Le indagini, svolte alla fine degli anni 90 (oltre 30 anni dopo) svelarono come la repressione fu decisa a tavolino e vi fu la collaborazione della CIA.
Pochi giorni dopo, in quelle Olimpiadi, due americani di colore Tommie Smith e John Carlos salirono sul podio. Durante l'inno, indossarono un guanto nero per ciascuno, e alzarono, testa bassa, il pugno al cielo. Sul gradino più basso del podio, l'australiano bianco Peter Norman, si appuntò una spilla nera in segno di solidarietà.
La simbolica protesta, fatta per i neri d'America, per tutti quelli che lottavano nel mondo e per gli studenti di Tletelolco, fece rapidamente il giro del mondo. La carriera sportiva e lavorativa di Smith e Carlos finì al loro rientro in patria (in parte anche quella di Norman) e quella foto è oggi un simbolo universale.
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