martedì 5 marzo 2013

5 marzo 1953, la morte di Stalin

All'alba del 5 marzo 1953 Iosif Vissarionovic Dzugasvili, per tutti semplicemente Josif Stalin (il soprannome Stalin significa acciaio), esala l'ultimo respiro nella sua dimora alla periferia di Mosca, accanto alla figlia Svetlana. Dalla notte tra il 1 e il 2 marzo, quando era stato colpito da un ictus il leader dell'Unione Sovietica, Stalin sembrava essersi in parte ripreso, ma evidentemente il suo fisico di ultrasettantenne non riuscì a reggere.

Con Stalin moriva l'uomo che aveva guidato per quasi un trentennio (dal 1924 al 1953) la grande potenza dell'Unione Societica e il comunismo mondiale. Attorno a lui si era sviluppato un vero e proprio culto della personalità, che affascinava e dava speranza, alla classe operaia dell'intero pianeta.

Ai suoi funerali parteciparono oltre un milione di persone e il suo culto restò immutato fino al 1956 quando nel corso del XX Congresso del PCUS, furono denunciati i crimini commessi durante il suo trentennio (deportazioni, collettivizzazioni forzate e terrore) e iniziò quella che gli storici chiamano destalinizzazione.

La figura di Stalin è controversa. Non sempre gli storici hanno raggiunto un accordo su molte questioni. Resta il fatto che il suo contributo alla storia del comunismo, della seconda guerra mondiale e dell'assetto mondiale post-bellico è stato determinante. Su Stalin sono stati scritti fiumi di parole al fine di tracciarne un quadro quanto più completo e dettagliato. Un uomo che ha segnato le sorti del nostro pianeta. Al tempo stesso l'artefice di una delle più violente dittature della storia.

Josef nacque a Gari, in Georgia,  nel 1879 da una umile famiglia. Frequentò il seminario teologico di Tbilisi, ma gli ambienti vicino ai deportati politici lo convinsero ad abbracciare idee socialiste. Entrò nel movimento marxista clandestino e iniziò un'intensa attività di propaganda, che lo portano ad essere arrestato una prima volta nel 1900 e successivamente ad essere deportato in Siberia. Iniziò anche la sua opera teorica con la pubblicazione dei primi saggi e l'incotro con Lenin. Tra organizzazioni di scioperi, clandestinità e arresti (fu ancora deportato in Siberia dal 1913 al 1917), divenne un leader del Partito e dal 1912 sedette nel Comitato Centrale. Fu una figura chiave della rivoluzione russa bolscevica e successivamente emerse come Segretario Generale del Comitato Centrale del PCUS, carica che gli permise, nel 1924, alla morte di Lenin, di succedergli.

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