mercoledì 27 febbraio 2013

27 febbraio 1933, l'incendio del Reichstag


La sera del 27 febbraio 1933, andò rapidamente a fuoco il palazzo del Parlamento tedesco, conosciuto come Reichstag. Quando alle 21.14 i pompieri furono chiamati l'incendio si era già notevolmente propagato. Sul posto fu trovato Marinus van der Lubbe, un giovane comunista olandese, conosciuto come "agitatore e piromane", per molti ritenuto un ritardato mentale, che fu subito tratto in arresto. Pochi minuti dopo giunsero sul posto Hermamm Goring, che era Presidente del Parlamento e Adolf Hitler, da meno di un mese (30 gennaio 1933) Cancelliere del Reich. Fu dichiarato immediatamente lo stato di emergenza e nei giorni successivi furono arrestati quasi tutti i capi del partito comunista. Questo episodio è ritenuto dagli storici come uno degli elementi chiave dell'ascesa del nazismo in Germania.

Otto mesi dopo fu celebrato il Processo di Lipsia, dove tra gli imputati, oltre a Marinus van der Lubbe (che fu condannato a morte e decapitato il 10 gennaio 1934, a 25 anni), vi erano anche i comunisti "bulgari", guidati da Georgi Dimitrov (che furono assolti) che erano stati indicati dall'accusa come i mandanti dell'incendio. L'esecuzione di Marinus van der Lubbe fu molto criticata in quanto la condanna a morte fu ripristinata, con un decreto d'emergenza, emanato 24 ore dopo l'incendio del Reichstag, in cui si sospendevano anche gran parte dei diritti civili.

Gli storici hanno poi accertato, seppur con ancora molti lati oscuri, che l'incendio del Reichstag fu una precisa "strategia della tensione", attraverso la quale il regime nazista fece piazza pulita degli oppositori e si incamminò verso quella che sarà una delle pagine più nere per l'umanità.

Ecco un approfondimento sul sito Lager.it


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